Nella Chiesa cattolica la canonizzazione è la dichiarazione ufficiale della santità di una determinata persona. Il diritto canonico attuale con il termine “canonizzazione” intende l’ultimo atto giuridico mediante il quale un Servo di Dio, che già in precedenza tramite l’atto di beatificazione è stato dichiarato “beato”, viene iscritto dal Romano Pontefice nell’elenco dei santi. Nella storia della Chiesa il processo di canonizzazione più volte ha subito modifiche e sviluppi. Attualmente il processo giuridico di canonizzazione viene regolato dalle norme obbligatorie [1] e si tratta di una procedura piuttosto complessa che di solito si protrae per più anni.
Ogni processo di canonizzazione è composto di due fasi. La prima si svolge nella diocesi nella quale è morta la persona, la cui santità viene esaminata. La seconda fase avviene a Roma, presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Presupposto fondamentale per l’apertura di un processo di canonizzazione è la fama di santità, cioé l’opinione che la persona defunta ha vissuto una vita di santità, oppure è morta come martire. Il processo di canonizzazione non può essere aperto prima di cinque anni dopo la morte della persona esaminata e non dovrebbe essere aperto più di trenta anni dopo – salvo tuttavia giusti motivi. Iniziatore del processo è una persona fisica oppure giuridica che presenta la proposta di iniziare il processo sulle virtù eroiche oppure sul martirio della persona defunta. L’iniziatore viene rappresentato da un esperto giuridico chiamato postulatore. Il postulatore deve raccogliere la documentazione necessaria e presentarla al vescovo del luogo che procede alla valutazione di tutta la questione. Il vescovo diocesano poi chiede il parere degli altri vescovi della conferenza episcopale e, se non ci sono obiezioni, pubblica la sua intenzione di iniziare la ricerca, per la quale viene istituito il tribunale diocesano, presieduto dallo stesso vescovo o da un suo delegato. Membri del tribunale sono inoltre il difensore di giustizia, i notai e gli esperti invitati, come archivisti, storici, medici e revisori.
Dopo la conclusione della ricerca preparatoria, il vescovo diocesano invia alla Congregazione delle Cause dei Santi la richiesta del nihil obstat, il cui conferimento dimostra che da parte della Santa Sede non ci sono obiezioni all’apertura di questo processo. Da questo momento la persona soggetta al processo di canonizzazione comincia ad essere chiamata “Servo di Dio”. Di conseguenza vengono eseguite le audizioni dei testi che hanno conosciuto il Servo di Dio oppure che possono testimoniare come le virtù cristiane e l’attività del Servo di Dio sono state valutate dai suoi contemporanei. L’esame della vita e dell’attività del Servo di Dio è indispensabile, perché lo scopo dell’indagine è quello di verificare se le sue virtù abbiano raggiunto il grado eroico. Per i martiri viene esaminata la realtà della loro morte violenta insieme ai motivi del persecutore che devono scaturire dall’odio verso la fede oppure dall’opposizione contro la legge morale. Essendo la realtà del martirio considerata come la somma delle virtù, per la beatificazione di un martire non si richiede la presenza di un miracolo, che è necessario soltanto per la canonizzazione.
Conclusa la fase dell’inchiesta diocesana, tutti i documenti vengono tradotti in una delle lingue ufficiali della curia pontificia e sono spediti a Roma. Gli atti originali sono custoditi sotto sigillo nel vescovado, mentre le copie conformi, munite del salvacondotto, vengono spedite alla Congregazione delle Cause dei Santi, dove si svolge la seconda fase del processo.
[1] Costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister pubblicata dal papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983; Norme della Congregazione delle cause dei Santi Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum del 7 febbraio 1983. Norme della Congregazione delle cause dei Santi Sanctorum mater del 17 maggio 2007 il cui scopo è quello di chiarire le leggi vigenti e di facilitare l’applicazione di esse.